Sessant’anni dopo questa complessità deve essere stata parte della sfida raccolta dall’architetto Paolo Verdeschi, chiamato a restaurare la villa.
“Il problema maggiore per il restauro - ci dice Verdeschi - è stato il reperimento dei dati. Moretti disegnava molto e sulla Saracena abbiamo molto materiale, ma era anche un architetto che lavorava in loco insieme alle maestranze e ai collaboratori; molte scelte sono state fatte sul cantiere stesso”.
Mentre ci mostra una maquette che ha realizzato appositamente per studiare la struttura della pensilina esterna, che proietta l’intera villa verso il mare e senza la quale la “grande nave Saracena” rimarrebbe a terra, continua: “Di questa pensilina, per esempio, abbiamo trovato solo uno schizzo in sezione e due foto d'epoca laterali. Sappiamo che è crollata pochi anni dopo la sua realizzazione grazie a due foto poloraid trovate all’interno di un testo nella libreria del soggiorno. Con queste poche informazioni abbiamo cercato di riprodurre le dimensioni delle travi e il sistema tecnico degli stralli scelto da Moretti per questo "traliccio" che ricorda le alberature di una barca a vela. Abbiamo quindi scelto di ricostruirne l’immagine, con materiali capaci di resistere ai forti venti che si abbattano sulla testata della Saracena.
Il tema della nave è un tema caro a Moretti, tanto che lo spazio tra la veletta e la vetrata dell’intera galleria era occupato da una serie di modellini di navi; il mare che Moretti amava sarà anche il suo ultimo paesaggio: morirà infatti di infarto nella sua barca al largo all’isola di Capraia nel 1973.
Man mano che ci addentriamo nel racconto del cantiere di restauro, che con certosina pazienza Verdeschi ha seguito per due anni e mezzo, ci sembra sempre più chiaro come Moretti intendesse La Saracena come un laboratorio di sperimentazioni, una sorta di “bottega d’artista” in cui testare soluzioni tecniche e manipolazioni spaziali. Un altro dei temi inediti emerso durante il cantiere è il colore, anzi, “i colori di Moretti”: l’arancione corallo della parete che fa da cerniera tra la galleria e la vetrata sul giardino, il rosa pallido del piano interrato e del muro basso della galleria, l’arancione fuoco della balaustra della scala, il verde chiaro delle porte delle camere di servizio e della rubinetteria, il rosa deciso delle guarnizioni delle porte delle camere fatte con il raso, il celeste della cucina. Ma perché allora oggi la villa ci appare in tutto il suo astratto biancore?
Spiega Verdeschi: “I colori che abbiamo trovato durante il restauro erano stati coperti, ma non sappiamo se da Moretti stesso, che dopo aver provato varie cromie non si era convinto delle scelte, oppure dai proprietari. Non abbiamo nessuna testimonianza. Resta il fatto che Moretti ha più volte affrontato il tema del colore in molti suoi progetti, e anche nella Saracena”.